Sabato all’Olimpico ci sarà il tanto atteso debutto di Tudor sulla panchina della Lazio nella sfida contro la Juve. Sarà 3-4-2-1 con uomo su uomo e pressing a tutto campo o una via di mezzo tra i dogmi del croato e la difesa di reparto dell’allenatore uscente?

Per comprendere a fondo i dogmi che contraddistinguono Tudor, analizziamo i dati che hanno condotto l’Hellas, ultima squadra allenata dal tecnico croato in Serie A, al 9° posto a ridosso della zona Europa nella stagione 21-22. Sono proprio i mastini scaligeri a rappresentare al meglio ciò che gli avversari di Tudor hanno trovato davanti a sé: Hellas 1° per palloni recuperati (60,3 di media a partita), 2° per tackle vincenti, 4° per PPDA, falli commessi e duelli aerei vinti. La stagione successiva in Ligue 1 l’approccio non è stato da meno: Marsiglia 2° per PDDA e 2° per falli commessi. In sintesi, pressing asfissiante e fase di non possesso dedita al sacrifico e alla lotta. Sia a Verona che a Marsiglia il credo di Tudor si contraddistingue per le marcature a uomo a tutto campo, per la ricerca dell’anticipo da parte dei difensori, per l’altissima intensità̀ del gioco espresso e del pressing, per l’utilizzo della difesa a tre e dei quinti di centrocampo. Tutto questo non senza rischi o ripercussioni: l’irruenza dell’intensità̀ del gioco in fase di non possesso conduce le squadre di Tudor a commettere un enorme quantità̀ di falli, motivo per cui l’Hellas terminò la stagione 3° sia per cartellini gialli che rossi.

La Lazio non è chiaramente né l’Hellas è il Marsiglia: la qualità tecnica dei giocatori è alta e il primo obiettivo del nuovo allenatore sarà ritrovare la freschezza di Zaccagni e l’efficacia di Immobile.